mercoledì 19 maggio 2010

Non facciamone una questione di stato

Certo.il punto è questo.che i problemi sono sempre abbastanza relativi.
Ho una voglia di vederti sproporzionata rispetto al rapporto che abbiamo.
Ovvero nessuno.Ma poco importa.
Con la suola delle scarpe incollata al pavimento cercavo di destreggiarmi tra cocktail rovesciati senza incrociare il tuo sguardo,il che non è stato nemmeno troppo difficile,visto che eri girato dall'altra parte.E sembrava di essere in autunno.E tutte le cose che mi avresti dovuto insegnare,che puoi giurarci quello che vuoi,da sola non le imparerò mai.
Poi questa mattina le dispute in autobus.
é inevitabile che i controllori puntino dritto verso chi si è appena svegliato,o chi ha 300 cose in mano e altrettante persone che lo dividono dall'obliteratrice,o chi come me semplicemente non compre un biglietto da anni.Evabbè Milano è Milano.
E le giornate in genere iniziano male e finiscono peggio.
é un po' che non riesco tanto bene a scrivere.Ma almeno è spuntato il sole,ed è pur sempre maggio,e qualcuno diceva che maggio è il periodo migliore,sembra quasi che tutto debba ancora incominciare.
Ma poi di nuovo ho pensato a te e sono diventata triste.

"Con la tua sigaretta sempre all'angolo della bocca.
Non ti cade solo la cenere ma anche tutto il resto.
E raccoglimi col cucchiaino.Ti prego rimettimi insieme dopo queste 24 ore che da sola non ce la faccio.
Ed è già notte in pochi minuti.Già lunedì in poche ore.
E io di raccontarti la mia vita non ne ho voglia.
E ancora meno di ascoltare la tua.
Ed i tuoi muri tutti dipinti con l emani delle tue idee,delle tue convinzioni.e i tuoi amici che respirano a stento dietro metallo spesso,e devono dormire con la luce accesa,mi dici.E sono botte sulla faccia e soprattutto sull'orgoglio.Mi dici l'unica cosa che cresce è la mia rabbia.
Ed io ancora qui a preoccuparmi del colore dei tuoi occhi,e del fatto che restino soprattutto sempre aperti.
Una merda.Così mi hai detto,ti contorcevi le mani,lo stomaco la vita e io ho avuto voglia di piangere.
E gli alberi intagliati ricamati scolpiti nella nebbia tutti uguali.sembrao scheletri,mi sussurravi col filo di voce che ti rimaneva dopo aver strillato tanto.E l'umidità già stabile nelle mie ossa e nei miei occhi e quando cammino ti cerco sempre anche se so di non poterti incrociare.
Ho lo stomaco di pietra,ricoperto di vetro antiproiettile.
E sono così triste per te,e non so fare altro.
Non mi piacciono le parole biascicate al buio.
Non mi piace la tua voce nemmeno nel sussurro.
Ma dov'è finita la poesia?
Spero fosse una domanda retorica.
Ho rincorso sulla strada il rumore dei tuoi passi mi sono detta inseguilo,chiedigli scusa,ma le mie gambe non si sono mosse.Mi manca il non averti ma in maniera diversa.
Ho masticato,finalmente,la mia adolescenza.
Le mie foto migliori dei miei anni peggiori.
E mi hai detto tu sei strana.Ti ho risposto certo è vero.E mi veniva da piangere mentre mi abbracciavi perchè non provavo niente,ma tu devi avere evidentemente travisato il messaggio.
E la tua vita tutta chiusa su quella statale nebbiosa.
Mi hai detto io la nebbia non la vedo neanche più e negli occhi avevi tutto,proprio tutto tranne la vita.
E al ristorante poche ore dopo ho preso la posata sbagliata e tu mi hai sorriso.
E cercavo di convincermi che tutto questo sia almeno lontanamente gradevole o perlomeno utile.Ricordami che non ne ho motivo,ricordamelo sempre.
Nella mia testa sta diventando autunno".

E più o meno tutto è finito così.




1 commento:

  1. se ci fosse una via per tenerti sempre dentro una culla di petali e miele profumi e giochi di ombre ritagliate da fronde in maggio lo farei. solo per osservare al nichilismo del bello come reagisci. amo i tuoi capelli offesi amo la tua bocca arricciata le regole d'oro le gonne d'oro.

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